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lunedì 5 luglio 2010

ANCORA UN BRONZO MONDIALE PER IL KICKBOXER MIMMO D'ELIA


Un anno dopo. Ancora una medaglia di bronzo a livello mondiale. Il francavillese Mimmo D’Elia fa il bis ad Alexandropolis (Grecia) e sale ancora sul terzo gradino del podio mondiale. Disciplina: kickboxing. Categoria: 80 kg. Stessa sorte dello scorso anno a Madrid, stessa eliminazione in semifinale. Dopo essersi sbarazzato di un avversario greco ai quarti di finale (ko tecnico), si è arreso alla forza di un atleta russo (sconfitta ai punti). Un’altra medaglia da aggiungere ad un palmares di tutto rispetto. Il giovane atleta francavillese (classe 1981) vanta diverse vittorie, tra cui il titolo di Campione Italiano Juniores del 1997, la partecipazione come unico italiano all’Oxtagon nel 2002 e la vittoria di 49 incontri su 52 disputati. “Ero andato in Grecia con l’obiettivo di migliorare la posizione dello scorso anno – afferma D’Elia -. Non sono riuscito nell’intento, ma mi accontento di aver riconfermato il terzo gradino mondiale della mia categoria. Il giudizio dei giudici, sicuramente, ha condizionato l’impresa, ma questo è alquanto relativo. E’ stato emozionante rappresentare la bandiera della mia nazione e della mia città a questa competizione. Vorrei ringraziare l’amministrazione provinciale, che mi ha aiutato a sopportare le spese di viaggio e pernottamento in Grecia, e sono ancora più orgoglioso di aver portato questo riconoscimento in contropartita”.
Non si ferma qui l’attività stagionale di Mimmo D’Elia. A fine luglio parteciperà alla “Notte dei gladiatori” che si terrà a Zagabria, in Croazia. “Sono molto lusingato per aver ricevuto l’invito di partecipazione a questa competizione. Mi sto preparando già da ora per arrivare in formissima alla data in modo da poter raggiungere il miglior risultato possibile, anche se è dura sostenere gli allenamenti con questo caldo. Ma non fa niente, per amore di questa disciplina sono disposto a qualsiasi cosa”.
Il sogno di D’Elia, che a 29 anni ha già realizzato famiglia con moglie e due figli, resta quello di poter conquistare il primo posto mondiale proprio nella sua città. “Sì, il mio sogno è quello di poter organizzare a Francavilla Fontana un evento unico, di elevato spessore. Voglio conquistare la cintura WPKA e voglio che questo avvenga nella mia città. Non è facile, perché l’evento comporterebbe ingenti investimenti, che senza l’aiuto di sponsor e amministrazione è impossibile sopportare. Io ci voglio credere, sono fiducioso. Anche con gli sport cosiddetti “minori” si può dare lustro e visibilità alla città e al territorio”.
A livello nazionale,invece, il prossimo impegno è quello del 17 luglio a Montecatini, in Toscana. Un tour de force di allenamenti aspetta l’atleta francavillese, considerando l’impegno balcanico di fine mese.

lunedì 31 maggio 2010

MERAVIGLIOSAMENTE SOAVEGEL: E’ SERIE B



Pala Vazzieri di Campobasso. 30 maggio 2010. Braccia al cielo alle ore 20.35. I conti tornano: la Soavegel Francavilla è in serie B. Al culmine di una serata dai forti simbolismi e dalle emozioni avvolgenti. Al termine di una partita sofferta e di un dominio costante nei primi tre quarti della gara. Gli uomini di coach Olive scrivono una pagina di storia a “due mani” con i tifosi (spettacolari): un sostegno reciproco, una voglia comune, un abbraccio intenso e persistente,un patimento denso di fiducia e pregno di euforia, una comunione di sensi e di obiettivi. Poi tutto finisce come è legittimo che sia: uomini e circostanze che solcano il successo e che offrono la sponda per una metafora meravigliosa. Questa è la Soavegel, con il suo vincere, correggendo gli sbagli, ed il suo migliorarsi, continuo e senza cedimenti, anche di chi diffidava (a torto o a ragione) o di chi contestava (in legittimità o in eccesso di pregiudizi). L’orgoglio di una città. Francavilla Fontana ne è consapevole e a gran voce chiede di onorare chi ha saputo, con grande sacrificio, professionalità e serietà, rappresentarla nel campionato di serie C. La Soavegel stacca il biglietto d’accesso alla serie B aggiudicandosi imperiosamente i play off, sbarazzandosi di Giulianova, Mola e Campobasso sempre nelle prime due gare, senza mai ricorrere all’eventuale “bella”. Dopo Ceglie Messapica, promossa direttamente per essersi aggiudicata il primo posto nella regular season, anche Francavilla approda nella quarta serie nazionale della palla a spicchi. Grazie ad una società che ha profuso grande impegno organizzativo, oltre che intelligenza e sapienza, nel saper gestire un team di elevata caratura non solo tecnico-tattica, ma finanche morale. La città riconosce i meriti della Soavegel che vanno oltre la conquista della serie B e vuole tributare il proprio grazie ad un gruppo che ha saputo rendere straordinaria la normalità. La Soavegel mette da parte i protagonismi e l’affermazione personale, dando luce alla vittoria del collettivo. Lanciando così un messaggio forte che non è diretto solo al mondo dello sport, ma a tutti coloro che fanno del loro lavoro la loro passione e nella fatica trovano il soddisfacimento ai propri desideri.

DAVIDE OLIVE: “SENSAZIONE BELLISSIMA, DOPO 9 ANNI DI SOAVEGEL”


La gioia del dopogara è incontenibile. Nello spogliatoio biancazzurro, tra un coro e un bicchiere di spumante, c’è chi resta completamente nudo. Dettagli. L’entusiasmo per la promozione in serie B è contagioso. “Ce ne andiamo in serie B… ce ne andiamo in serie B…” il coro viene lanciato dai tifosi e continuato negli spogliatoi. Coach Olive è trepidante. “Possiamo goderci dopo dieci mesi di lavoro questa sofferta vittoria – afferma il tecnico -. Bellissimo giocare in un campo del genere, onore e merito al Campobasso e al suo sportivissimo pubblico che lo ha seguito. Qui con noi oggi c’erano 300 persone che ci hanno seguito da Francavilla, in un palazzetto che non poteva contenerne di più ed è stata una gioia immensa poter regalare la gioia della promozione a loro e all’intera città”. Come già successo in gara 1, i ragazzi si sono portati a 18 punti di vantaggio per poi farsi recuperare quasi tutto e vincere all’ultimo secondo. Qualcosa succede purtroppo a livello di testa, un po’ per il loro orgoglio, un po’ per il fatto che probabilmente avevamo esaurito le energie e siamo riusciti a rimetterli in gara. Stasera, però, abbiamo vinto con il cuore e non con altro. Gli ultimi minuti sono stati difficilissimi: loro avevano già il bonus dopo i primi tre minuti dell’ultimo quarto, Venturelli era fuori perché non ce la faceva più, Sarli fuori per cinque falli, stessa cosa per Simone e Risolo. L’unica alternativa era quella di gettare il cuore oltre l’ostacolo, l’abbiamo fatto, e ci è andata bene. Essere ora qui a festeggiare, per me che sono a Francavilla da 9 anni è una sensazione bellissima”.

La parola passa al “bomber” Venturelli, falcidiato da un virus intestinale nell’ultima settimana, ma che comunque è riuscito a concludere la sua gara nonostante le pessime condizioni nella parte finale di gara. “Oggi non c’era nulla che potesse fermarmi – afferma l’ala di Tolmezzo -, nonostante i miei problemi fisici sono riuscito a restare in campo fino alla fine, in modo tale da poter dire la mia anche in questa gara importantissima. Sono contento per la città, per i sostenitori per tutti, questa vittoria la meritavamo per quanto abbiamo prodotto nel corso della stagione”.
Una serie B che da prestigio ad una città come Francavilla Fontana. “Vuol dire tanto, vuol dire molto, perché il campionato di seri B è molto più affascinate, quanto difficile. Ma credo che con una società come la Soavegel, ci saranno le possibilità di fare bene anche nella prossima stagione. E proprio a tal proposito faccio il mio più grosso in bocca al lupo per la prossima campagna acquisti, affinché possa essere quanto più proficua possibile”.

martedì 25 maggio 2010

LA REALTA’ DEL BASKET FEMMINILE A SAN PIETRO VERNOTICO

Una bellissima realtà sportiva è quella di San Pietro Vernotico, realtà cestistica fondata nell’ormai lontano 1973 e impegnata su entrambe le sponde: quella maschile e quella femminile. In questo numero de ‘Ilbrindisino’ abbiamo voluto dare visibilità alla sponda femminile con alcune domande all’allenatore Felice Rizzo, il quale nella stagione appena conclusasi ha raggiunto il quinto posto della graduatoria.

Coach quando è iniziata la sua avventura a San Pietro e quali sono state le sue esperienze?
Praticamente nel 1973, stato tra i promotori della U.S. San Pietro; con la squadra femminile qualche anno dopo, nel 1979. L’ho allenata dal 1982/83 fino al 1985/86 con la vittoria in Serie B (all’epoca terza serie nazionale); poi esperienze alla Fulgor Lecce (dalla Serie C alla B), Robur Ostuni (3 anni in B), Adria Brindisi(dalla Serie C alla B), Fulgor Monteroni (sempre in C femminile), Basket Club Galatina (C/2 maschile), poi una lunga pausa fino al ritorno a San Pietro nella stagione 2007/2008.

Obiettivo di questa stagione?
Sulla carta era stata costruita una squadra in grado di puntare ai playoff; infortuni, partenze per motivi di lavoro, difficoltà logistiche per allenarsi hanno ridimensionato di gran lunga i programmi.

A fine campionato è soddisfatto?
Le risponderò così: siamo riusciti a battere la squadra che poi ha vinto il campionato e, nella fase finale, abbiamo perso di due punti con la 2^ classificata, di un punto con la 3^ classificata e di tre punti in casa della 4^ classificata. Posso essere soddisfatto, però, della crescita delle giovani nate 1993 e 1994 messe in campo.

Che differenze ci sono con gli uomini?
Su questo argomento porto sempre un esempio: il ragazzo che ha litigato con la fidanzata viene in campo e si sfoga, la ragazza che ha litigato con il fidanzato viene in campo e va fuori di testa. Insomma le principali differenze sono di ordine mentale: più che un bravo allenatore devi essere un buon “psicologo”.

Pregi?
A me è sempre sembrato che le ragazze recepiscano prima gli insegnamenti tecnici, poi però hanno una lunga fase di stallo nella crescita cestistica.

Difetti?
Evidentemente ho sempre avuto la fortuna di allenare dei gruppi senza difetti evidentissimi.

L’episodio più strano della sua carriera?
Nel 1991, nella partita di esordio sulla importante panchina della Robur Ostuni a Trapani, misi in panchina e la lasciai fino a fine gara la giocatrice più rappresentativa, perché aveva redarguito platealmente le compagne. Presidente su tutte le furie per la mia “dimenticanza”; ma dopo quell’episodio compattammo un gruppo eccellente, facemmo 18 vittorie e 3 sole sconfitte (perdemmo la A/2 solo in un terribile spareggi). Per inciso, quella giocatrice (ora affermata coach) è ancora oggi una mia carissima amica.

Cos’è più facile con gli uomini?
Stimolare il loro orgoglio.

E con le donne?
Farle sentire parti importanti di un gruppo coeso.

Qual è la strategia per tenere a bada questi esseri incomprensibili?
Non credo esista una strategia vincente. Personalmente sono molto duro ed esigente in campo, ma estremamente disponibile appena se ne esce fuori. Chi apprezza questa duplice veste di allenatore dentro e amico fuori riesce a darmi un qualcosa in più. Certo, non sempre riesce…

E’ vero che le giocatrici subiscono il fascino del coach?
Nel mio caso, considerati i miei 58 anni, subiscono magari un affetto paterno.

mercoledì 28 aprile 2010

CEGLIE MESSAPICA SI RISCOPRE "CITTA' DI BASKET"


Via i vassoi e i taglieri. Ceglie Messapica non è più soltanto la città della gastronomia. Ma lo è anche del basket. Da mercoledì 14 aprile maggiormente, quando la lettera “C” è stata sostituita dalla “B”, che mette i brividi a una cittadina intera. Ora Ceglie, centro di 20mila abitanti, è nella storia del basket brindisino. Il club gialloblu è il terzo dopo l’Enel Brindisi e l’Assi Ostuni a rappresentare la provincia in giro per il Belpaese. Ora la storia si arricchisce. Il presente pulsa. Nel segno di un joker diabolico, Slavko Djukic, che è il simbolo,non a caso, del Basket Ceglie. Il coach con la valigia pesante. Governa squadre da decenni, conquistando diverse promozioni in serie A in Jugoslavia e girando per l’Italia: da Siena a Gualdo Tadino, da Argenta a San Severo, da Bisceglie a Bernalda, fino ad arrivare appunto a Ceglie. Il tecnico balcanico racchiude i suoi segreti in palestra (sedute intense) ed in partita , durante le quali si dimostra lettore arguto. Propensione indispensabile per far rendere al massimo la sua macchina, che in questo torneo ha fatto mangiare letteralmente polvere agli avversari.
Dopo la disfatta dello scorso campionato, quindi, si compiuto il miracolo. Frutto dell’organizzazione societaria, trasmessa ad un gruppo di atleti formidabili. Dal capitano, Paulinho Motta, esempio di forza, tecnica ed abnegazione a Santiago Corbetta, cestista sudamericano dalla classe innata; dalle giocate di genio del playmaker Valerio Abet, a quelle di Gianluca Ambrosecchia; dal duo Moliterni-Leoncavallo, caratterizzato da esplosività fisica e grande propensione in penetrazioni e rimbalzi, alla coppia Febo-Fanelli, costanti minacce dalla lunga distanza; da Giandomenico Ucci, atleta giovane ma con una personalità invidiabile a Marco Travaglini, puntuale e presente a ogni chiamata.
Dopo 13 anni dall’ultima conquista della serie B, titolo poi emigrato dalla cittadina messapica per la cessione alla Prefebbricati Brindisi, che a sua volta da lì è ripartita per approdare proprio in questo campionato nel massimo campionato nazionale, il Basket Ceglie questa volta ha colto nel segno, vincendo un campionato strepitoso. Un entusiasmo che sembra non aver risparmiato proprio nessuno. Città, società e tifosi hanno ancora voglia di crescere col basket, attraverso il lavoro sinergico.
La vittoria nello sport, quello con la “S” maiuscola, di decubertiana memoria, oggi rappresenta un’iniezione di vita ed un esempio per i tanti giovani in cerca di punti di riferimento. Riuscire ad aggregare centinaia di tifosi intorno alla palla a spicchi cegliese è senza alcun dubbio una conquista per l’intera collettività. Tale aggregazione è fatta da condivisione di un percorso “lineare”, condito da colori gialloblu e da tante canotte grondanti di sudore.

sabato 24 aprile 2010

MICHELE SIMONE: UNA VITA TRA PENETRAZIONI E RIMBALZI


Michele Simone, ala-pivot della Soavegel Basket Francavilla, una grinta fuori dal comune, un concentrato di energia che trasmette voglia di vincere. E, dietro quell’energia, un ragazzo straordinario, stakanovista e generoso che ha sempre un sorriso per tutti. Il 25enne dalle origine garganiche, con la formazione allenata da coach Davide Olive, ha conquistato il secondo posto, nel campionato di serie C dilettanti e si prepara ad affrontare nel migliore dei modi i play-ff per l’accesso in serie B. Evidente è la sua stazza, 198 centimetri di altezza per 105 chilogrammi di peso e fa delle penetrazioni e dei rimbalzi le sue armi migliori. Noi de “Il Brindisino” lo abbiamo voluto intervistare per conoscerlo meglio.


Quali sono le tue origini? Qual è stato il tuo percorso formativo?

Sono nato a San Giovanni Rotondo e ho risieduto fino all’età di 18 anni a Monte Sant’Angelo, in provincia di Foggia. Ho conseguito la maturità scientifica e, raggiunta la maggiore età, ho iniziato a girare per la Puglia per giocare a basket. Il mio primo contratto l’ho firmato a Monopoli in C2, poi sono stato a San Severo in B dilettanti, poi ancora Monopoli in C dilettanti fino ad arrivare quest’anno a Francavilla. Di pari passo all’attività cestistica ho studiato e sono ruscito a conseguire la laurea in Economia e gestione dei servizi turistici presso l’Università di Foggia.


La tua infanzia è stata significativa nella definizione della tua carriera da cestista?

Penso che l’infanzia di ognuno condizioni lo sviluppo della propria personalità e di conseguenza l’approccio alla vita e allo sport, che è un piccolo aspetto di questa. Provengo da una famiglia benestante: mio padre è ingegnere, mia madre è medico, ma nonostante ciò siamo una famiglia molto affiatata e con pochi grilli per la testa. A 18 anni ho fatto la scelta di essere indipendente e sono andato via da casa per giocare a basket e studiare, non chiedendo mai nulla alla famiglia. Colgo l’occasione per ringraziarla appunto la mia famiglia, insieme a tutte le persone che sono state e sono tutt’ora importanti nel mio processo di crescita.


Quando hai iniziato a giocare? Perché hai scelto il basket? Hai praticato altri sport?

Ho iniziato a giocare a basket all’età di 6 anni. Il perché ho scelto il basket? Chiunque abbia giocato a questo sport sa che è come una droga, una volta provato crea dipendenza ed è difficile distaccarsene. Ho praticato altri sport durante gli anni della scuola, tra cui: calcio, volley, corsa campestre, lancio del disco. Ma il basket mi ha stregato e non sono riuscito a uscirne fuori.


Com’è il tuo rapporto con la Soavegel? E con la città di Francavilla?

Il rapporto con la Soavegel è in continua evoluzione, ma comunque buono. La società è molto ambiziosa, si respira tanta passione al suo interno e qualche errore di gioventù passa in secondo piano, proprio perché commesso per la voglia di fare bene bruciando le tappe. Speriamo che si avvicini quanto più gente possibile alla società e alla squadra. Lo sport è scuola di vita e deve insegnare valori a tutti, soprattutto ai più giovani. Anche per questo non ho esitato ad accettare l’esperienza da istruttore di minibasket in due scuole elementari quando mi è stato proposto.

Troppo bello stare con i più piccoli e provare ad insegnarli nozioni di basket ma soprattutto di vita, Troppo bello imparare anche da loro. Il rapporto con Francavilla città, lo definirei strano, invece. Diciamo che la città è come divisa in due, tra gente molto genuina (soprattutto gente di mezza età) e gente alquanto esibizionista e spesso non troppo ricca di valori (soprattutto i giovani e giovanissimi). Io preferisco la semplicità e la genuinità, mi piace essere non apparire.


Soddisfatto della stagione? I risultati soddisfano le aspettative?

Al momento penso questa sia la mia migliore stagione da quando gioco per costanza di rendimento.

Sarei soddisfatto ancora di più soddisfatto se insieme ai miei compagni di squadra riuscissi a regalare ai tifosi, ai nostri dirigenti e a noi stessi la B dilettanti. Ci aspettano dei play off durissimi e incerti. Speriamo di uscirne vittoriosi, aiutati dall’ entusiasmo della gente. E’ indispensabile per ottenere risultati.


Il tuo sogno nel cassetto ?

Nel brevissimo periodo vincere questi play off con la Soavegel. Per il futuro, quello di tornare nella mia terra e diventare un imprenditore di successo. Ne approfitto per salutare il mio paese, Monte Sant’ Angelo.


Cosa avresti fatto nella vita se non avessi giocato a basket?

Sicuramente avrei studiato comunque per costruirmi un futuro diverso. Sarei andato sicuramente fuori insieme a mio fratello (un anno più giovane) che è già ingegnere. Magari avrei fatto il dietologo, chissà…


Vuoi aggiunger qualcos’altro?

Lo scudetto lo vince la Roma alla faccia del mio compagno di squadra Arcangelo Sarli (interista doc)… grande Arcangelo. Da buon italiano però spero che la Champions la vinca l’Inter (altrimenti la mia amica Mariella mi picchia).

lunedì 29 marzo 2010

OTTAVIO ANDRIANI: UN MARATONETA, UN CAMPIONE, UN UOMO!

E’ riuscito a spuntarla ancora una volta il “ghepardo” francavillese. Ottavio Andriani, tagliando per primo il traguardo della Treviso Marathon 2010 (14 marzo) ha staccato il biglietto d’accesso alle Europei di Barcellona, in programma nella prossima estate. 2h12’49’’ è il tempo impiegato dall’atleta della Polizia di Stato, tempo fortemente condizionato dal vento soffiato più del dovuto sulla cittadina veneta. Allo scopo di condividere con i suoi fans curiosità e particolari della sua vita, il maratoneta “azzurro” si è concesso volentieri ai taccuini del nostro giornale.

Quali sono le tue origini? Qual è stata la tua formazione di base?
Provengo da una famiglia modesta, mio padre faceva il sarto, ora è in pensione. Mia madre oltre a sbrigare le faccende domestiche accudiva ed educava me e mio fratello (eravamo gemelli). La nostra era una famiglia molto affiatata e con pochi grilli per la testa. Vizi non ne abbiamo mai avuti fondamentalmente perché non ce li potevamo permettere. Ogni estate finita la scuola sia io che mio fratello trovavamo impiego presso degli amici e così non restavamo a bighellonare tutto il giorno. Con i soldi che riuscivamo a guadagnare quasi sempre compravamo delle bici o qualche jeans di marca. Non ho mai chiesto dei soldi a casa, anche perché fortunatamente già all’età di 18 anni sono entrato in Polizia e ho avuto una mia indipendenza economica. Il più delle volte anzi, collaboravamo nell’economia familiare e di questo ne vado fiero tutt’oggi. Tutto ciò che ho sempre posseduto (bici, scooter, moto, macchina, casa) è solo ed unicamente frutto del mio impegno e del mio sacrificio. I miei non mi hanno aiutato più che altro perché non erano nella possibilità di poterlo fare, ma io li ringrazio sempre per ciò che mi hanno insegnato negli anni. Insegnamenti che non hanno prezzo.

La tua infanzia è stata significativa nella definizione della tua carriera da atleta?
Credo che la mia infanzia sia stata fondamentale in ciò che sono tutt’ora. Avevo un fratello gemello per cui lo “scontro” e il “confronto” con lui erano quotidiani. Uno stimolo continuo a far sempre meglio, a non essere secondo, una sana competitività che mi ha fatto crescere facendo dell’impegno e della dedizione al lavoro i miei valori principali.

Quando hai iniziato a correre? Perché hai scelto l’atletica? Hai praticato altri sport prima di affacciarti ad essa?
Ho iniziato a correre per gioco a 15 anni e l’incontro con l’atletica è stato del tutto fortuito. Al gruppo sportivo pomeridiano della mia scuola c’era più donne che uomini, ecco il motivo per cui mi sono avvicinato allo sport. Poi una volta arrivati lì c’erano da preparare le corse campestri e per me che ero sempre abituato a correre scalzo in campagna tutto è stato naturale. Però lo sport che amavo e che in passato praticavo era il tennis, mi è sempre piaciuto e mi piace tutt’ora ma poco si concilia con la mia attività attuale, ragion per cui ho dovuto, mio malgrado, metterlo da parte.

Quando hai capito che ci sarebbe stato feeling tra te e la corsa?
Quando a 16 anni io e mio fratello siamo arrivati primo e secondo ai Campionati Italiani di Corsa Campestre. Se tutto sino a lì poteva essere un gioco che poteva finire da un momento all’altro, dopo quella volta ho iniziato a pensare che ci potesse essere un futuro in questa attività e così è stato.

Ci sono emozioni che naturalmente e sistematicamente provi prima di una gara?
Sicuramente “invecchiando” si impara a gestire meglio le proprie emozioni, anche se posso sicuramente dire che l’emozione che ho provato alla mia prima gara era praticamente la stessa che ho provato nel 2008 ai nastri di partenza delle Olimpiadi di Pechino. Diciamo che ciò che cambia è il confronto per ciò che stai facendo. A 15 anni, senza esperienza alcuna, anche la gara di selezione scolastica ti può apparire come la competizione più importante della tua vita. L’emozione che si prova al via di ogni gara è comunque sempre la stessa, cambia il modo che hai di gestire “al meglio” tali emozioni.

Grazie all’atletica hai avuto la possibilità di conoscere diverse realtà nel mondo intero. Diciamo che viaggiare in lungo e in largo per il globo terrestre è stato uno dei vantaggi di questo sport. Senza la corsa difficilmente avrei visitato tanti posti e scoperto tante culture diverse rispetto alla nostra. Tutto questo mi ha permesso di avere una visione molto “ampia” della vita. Ora che ho 36 anni compiuti e che a casa mi aspettano sempre una moglie ed una bimba, cerco di allontanarmi il meno possibile, anche se involontariamente questo sport mi porta ancora a stare spesso lontano da casa per lunghi periodi.

Hai qualche interessi o hobby all’infuori dell’atletica?
Mi piace molto la comunicazione in genere, la radio in particolare. Dicono anche che abbia una buona voce ed una parlantina alquanto spigliata, io non so se crederci o meno, però mi piace molto parlare, questo sì.

Quali sono i posti in cui ti alleni?
Mi alleno spesso lontano da casa, il più delle volte per necessità e non per scelta. D’inverno andiamo quasi sempre al caldo (Namibia, Kenya), d’estate al contrario al fresco (Livigno, Saint Moritz). A casa purtroppo passo poco tempo anche perché oltre a mancare le strutture sarei comunque da solo a correre visto che in molti hanno smesso e quindi trovo compagnia nei raduni con la Nazionale.

Come ti alleni generalmente? Segui una dieta specifica?
Mi alleno due volte al giorno tutti i giorni, la domenica solitamente una sola volta ma per più tempo. Non adotto una dieta particolare, la nostra dieta mediterranea si sposa bene con i principi nutritivi di cui ho bisogno allenandomi. Sono però banditi gli eccessi e i dolci me li concedo solo alla domenica.

Quale sarebbe stato il tuo mestiere, se ti fossi affacciato all’atletica?
Potrei abbozzare un sacco di mestieri che avrei potuto fare, onestamente però non so cosa sarei stato capace di fare, ma so di certo che sarei in ogni modo riuscito a realizzarmi in qualche campo.

Cosa pensi di fare dopo la fine della tua carriera?
Bella domanda. Ancora non mi sono posto questa domanda. Di sicuro resterò nell’arma della Polizia, poi se mi troverò bene proverò a fare carriera.

venerdì 12 febbraio 2010

OTTAVIO ANDRIANI PREPARA IN KENYA GLI EUROPEI 2010

É tempo di “migrazione” temporanea in nome dello sport, per un pool di atleti tra cui anche Ottavio Andriani. Per qualche tempo infatti il maratoneta di Francavilla Fontana insieme a Stefano Baldini (olimpionico a Atene nel 2004) e Daniele Caimmi è stato in raduno in Kenya. Per la precisione e la verità (in considerazione dei tempi di stampa del giornale, ndr) gli allenamenti, in terra africana sono iniziati il 7 gennaio per poi concludersi (secondo un calendario precedentemente diffuso alla stampa) il 4 febbraio appena trascorso. Non una vacanza di piacere dunque, ma anzi. Obiettivo infatti dei maratoneti azzurri - stando a quanto è dato sapere - la “corsa” per gli Europei in programma a Barcellona il prossimo 1 agosto 2010. Davvero entusiasmante e per certi versi anche affascinante l’esperienza vissuta dai protagonisti dello sport sul suolo naturale e molto particolare del Kenya. I tre maratoneti corrono infatti nell’ambiente naturale del Kenya, nella Rift Valley a ben 2.300 metri di altezza! Il raduno è servito certamente per ridare energia ai tre atleti, perché oltre alla carta d’identità che segna come anni di nascita numeri come 1971, 1972 o 1974, Stefano, Daniele e Ottavio hanno ancora l’entusiasmo vivo e pieno del senso della sfida. Proprio in Kenya i vecchi amici e maratoneti hanno iniziato il nuovo anno, forse l’ultimo di una carriera piena di maglie azzurre e grandi vittorie. Andriani, Baldini e Caimmi - come documentano le foto trasmesse alla stampa - corrono sulle assolate strade sterrate, in aperta natura e tutto intorno i bambini, tanti e pieni di sorrisi nel Kenya. Al ritorno dall’Africa ora ci saranno gare, avvicinamenti e obiettivi. Rivali in gara, i tre azzurri sono amici per sempre: Stefano Baldini, da non dimenticare, è stato il testimone di nozze di Ottavio Andriani. Il campione olimpico inoltre spesso è ospite della “Città degli Imperiali”, che sempre lo ha circondato dell’affetto non solo di Andriani, di Leone e di Piero Incalza. Ma di tutti i cittadini che lo hanno sempre accolto festosamente e con molto entusiasmo. Baldini ha partecipato anche a diverse edizioni (vincendole) del Memorial “Antonio Andriani” (fratello gemello di Ottavio) che si corre nel periodo di settembre proprio nella “Città degli Imperiali”. Giacomo Leone, altro maratoneta francavillese famoso per aver vinto la maratona nel 1996 a New York si è invece già ritirato dalle corse ufficiali. Ora non resta che attendere gli ultimi “ruggiti” del compaesano, amico di tante sfide, Ottavio Andriani.














giovedì 4 febbraio 2010

PEPPE FEBO. “HO IL BASKET NEL SANGUE, NEL CUORE E NELL’ANIMA”

E’ il ragazzo che ogni madre vorrebbe. Ed è il giocatore che qualunque allenatore sognerebbe. Peppe Febo è un tipo concreto, con pochi fronzoli e molta, moltissima sostanza. Fisico asciutto, barba incolta e occhi azzurri, a rifletterlo bene sembra uscito da qualche nota pubblicità di riviste modaiole.

Nato a Pescara l’1 maggio 1984, Giuseppe Febo già all’età di 7 anni viene ‘scaricato’ dal padre sui parquet di basket. La sua prima scuola cestistica è lo ‘Yale Pescara’. Il suo primo vero campionato tra i senior lo disputa a 18 anni nel Torre de’ Passeri (C dilettanti). Subito dopo un campionato di C2 vinto con la casacca del Chieti. Poi in C dilettanti milita nelle fila di Pescara Basket, Torres Spes, Amatori Pescara (con l’immortale maestro Claudio Moses Capone). Lo scorso anno l’esperienza in B dilettanti con la pallacanestro Chieti, con la quale è arrivato fino alle semifinali play-off per l’accesso in A dilettanti. Quest’anno, ad agosto, l’approdo nelle file dell’Olearia De Biasi Ceglie.


Un campionato ad alto livello questo di C dilettanti a Ceglie Messapica, condotto per numerose giornate in testa alla classifica. Primato rafforzato ancora di più dopo lo scontro diretto vinto proprio contro l’altra capolista Francavilla Fontana.

E’ un primato che meritiamo in tutto e per tutto. Stiamo lavorando molto agli ordini del coach. L’organico è di primissimo livello e credo che siamo proprio alla portata per il salto di categoria. Abbiamo un pubblico eccezionale che ci sta supportando in continuazione e questa città merita la categoria superiore. Per quanto riguarda il derby contro il Francavilla, avevamo preparato il match a puntino e l’abbiamo dominato dall’inizio alla fine”.


Descrivi la tua giornata-tipo durante i periodi di allenamento.

Sveglia e colazione alle ore 8.30. Allenamento mattutino alle ore 9 o 9.30, dipende se siamo in sala pesi o meno. Riposino pomeridiano. Sul tardo pomeriggio il consueto allenamento. Ritorno a casa e strimpellata con la mia chitarra elettrica, poi la cena”.


Oltre a giocare a basket, Peppe Febo svolge qualche altra attività?

Dopo aver conseguito il diploma di Perito commerciale a Pescara mi ero iscritto prima presso l’Università di Teramo al corso di Laurea in Giurisprudenza, successivamente ero passato a Pescara al corso di “Servizi giuridici d’impresa” ma poi, costretto a fare la spola da un posto all’altro per giocare a basket, ho dovuto interrompere lo studio. Ora mi dedico a tempo pieno al basket, anche perché, facendo doppie sedute, il tempo per fare altre attività diventa pochissimo”.


Che cosa fa Peppe Febo nel tempo libero?

La mia passione più grande è suonare la chitarra elettrica. Ascolto molta musica. I miei artisti preferiti sono gli Oasis, i Beatles, The Doors e i Rolling Stones. Solitamente prima delle partite cerco di concentrarmi con il rock indie ”.


In passato, prima di dedicarti al basket hai fatto altri sport?

A 5 anni iniziai a giocare a calcio. Ma dopo 2 anni mio padre pensò bene di scaricarmi sul parquet con la palla spicchi”.


Segui qualche altro sport oltre al basket?

“Seguo il calcio e sono tifoso del Milan. Il mio calciatore preferito è Ronaldinho in assoluto.”


La tua ambizione cestistica.

Per ora penso a vincere questo campionato, poi si vedrà”.


C’è una persona in particolare che ha aiutato Peppe Febo a diventare Peppe Febo?

Se sono diventato qualcuno, devo tutto alla mia famiglia. Mi sono stati sempre vicini e hanno creduto sempre nelle mie qualità”.


Hai un modello di cestista a cui fai riferimento?

M’ispiro molto a Rimantas Kaukėnas un cestista lituano, che attualmente milita nel Real Madrid di Ettore Messina. ”.


La tua situazione sentimentale?

“Single.”


Hai avuto esperienze sentimentali con donne del mondo dello sport?

“Sì. In passato sono stato fidanzato con una cestista e con una ragazza che praticava il cricket”.