martedì 13 luglio 2010

LA LEZIONE SPAGNOLA PROPOSTA DAI GIOVANI

La sconfitta è il blasone dell’anima ben nata, recita un antico motto hidalgo. Ma i giovanotti della Spagna se ne sono fregati delle antiche consuetudini, e hanno trasformato in una vittoria storica il loro passo svelto di giovinezza. Osservando i nostri cugini mediterranei, la fiesta senza freni esplosa in tutta la nazione, l’entusiasmo contagioso che ha riversato milioni di ragazzi per le strade, la movida sorseggiata al gusto di un’orgia senza freno di colori nazionali, l’arrivo trionfale all’aeroporto Barajas di Madrid, l’assedio in un calore persino eccessivo, eh sì, certo che qualche parallelo vien da fare.

Proprio partendo da un paragone d’accoglienze: da Fiumicino. Dall’atterraggio dei nostri azzurri stanchi e inaciditi da un’eliminazione brutta, anzi orrenda: si temevano contestazioni, e invece fu il quasi nulla, un’ostentata e ostile indifferenza degli italiani rispetto a una squadra quasi fotocopiata dal campionato del mondo vinto quattro anni prima, ma invecchiata nella biografia e nello spirito. Quasi scesa in Sudafrica a timbrare il cartellino del prepensionamento. A tutti quanti, osservando l’Italia, era venuta in mente la metafora della nazionale di calcio come specchio di un paese fermo, bloccato, incapace o persino refrattario al cambiamento, all’iniezione di forze fresche, a quella dinamica del ricambio che divide da sempre le nazioni in crescita da quelle che osservano immobili il proprio capitombolo in seconda classe. E così, tutti quanti, abbiamo trascorso il mese di giugno a guardare partite accontentandoci di tifare là dove militano i giocatori della propria squadra del cuore, riflettendo pure sul fatto che sulla vetta della Champions è salita una squadra che di italiano ha solo il presidente.

Ebbene, la Spagna che ha vinto il Mondiale, sia pure in una finale bruttarella, racconta in termini di simboli ed emozioni l’esatto opposto, e per più ragioni tutte messe assieme. C’è il quadro hd che fa già antologia dell’immagine: lo scatto sfrontato di Casillas. C’è il nome e l’apoteosi del colore, le “Furie rosse” evocano la velocità, l’intrepidezza, l’intraprendenza, il dinamismo, la brama di successo, lo scatto semmai del rosso Ferrari, la giovinezza che bussa alle porte della Storia. E poi, c’è che la Spagna è una nazionale davvero nazionale, costruita su ragazzi allevati nei vivai, nel calcio duro e meritocratico, proprio quando le scuole di calcio italiane annaspano nella nebbia dell’impotenza. Ragazzi allevati, pur nella lacerante storia spagnola che articola mozioni e rimozioni, a pane e hispanidad: sgambettatori del pallone, strapagati certo, epperò pieni nel nome e nel cognome di quel filo di identità che tutto tiene nella memoria nazionale. E tutto questo, perché le cose non arrivano mai a caso, accadeva mentre la Corte costituzionale spagnola stabiliva che non sussistono le basi giuridiche per definire la Catalogna una nazione: e attenzione, parliamo della Catalogna, non della Padania.

La Spagna attraversa un momentaccio, gli anni del miracolo iberico sono tristemente alle spalle, la crisi economica morde le speranze e affoga una generazione nel baratro torbido della disoccupazione, eppure è anche da eventi come questo, dal combustile che producono a beneficio dei sentimenti collettivi, che si ritrovano le energie. Persino Zapatero ha scovato una briciolina di carisma, affermando che la Rioja «ha reso felice tutta la nazione» (quando un qualsiasi nostro presidente del Consiglio avrebbe detto “paese” e non “nazione”, con tutto ciò che questo ci racconta nel come percepiamo il sentimento d’appartenenza). Certamente, la Rioja da oggi diventerà un poderoso strumento di marketing del rilancio d’immagine della Spagna, il turbo a cui allacciare le cinture della speranza di riscatto. Ma se il calcio è, perché lo è, una delle frontiere dell’immaginario, è giusto e naturale che quella coppa alzata verso l’alto si faccia presto simbolo di una nuova primavera di giovinezza spagnola.

lunedì 5 luglio 2010

ANCORA UN BRONZO MONDIALE PER IL KICKBOXER MIMMO D'ELIA


Un anno dopo. Ancora una medaglia di bronzo a livello mondiale. Il francavillese Mimmo D’Elia fa il bis ad Alexandropolis (Grecia) e sale ancora sul terzo gradino del podio mondiale. Disciplina: kickboxing. Categoria: 80 kg. Stessa sorte dello scorso anno a Madrid, stessa eliminazione in semifinale. Dopo essersi sbarazzato di un avversario greco ai quarti di finale (ko tecnico), si è arreso alla forza di un atleta russo (sconfitta ai punti). Un’altra medaglia da aggiungere ad un palmares di tutto rispetto. Il giovane atleta francavillese (classe 1981) vanta diverse vittorie, tra cui il titolo di Campione Italiano Juniores del 1997, la partecipazione come unico italiano all’Oxtagon nel 2002 e la vittoria di 49 incontri su 52 disputati. “Ero andato in Grecia con l’obiettivo di migliorare la posizione dello scorso anno – afferma D’Elia -. Non sono riuscito nell’intento, ma mi accontento di aver riconfermato il terzo gradino mondiale della mia categoria. Il giudizio dei giudici, sicuramente, ha condizionato l’impresa, ma questo è alquanto relativo. E’ stato emozionante rappresentare la bandiera della mia nazione e della mia città a questa competizione. Vorrei ringraziare l’amministrazione provinciale, che mi ha aiutato a sopportare le spese di viaggio e pernottamento in Grecia, e sono ancora più orgoglioso di aver portato questo riconoscimento in contropartita”.
Non si ferma qui l’attività stagionale di Mimmo D’Elia. A fine luglio parteciperà alla “Notte dei gladiatori” che si terrà a Zagabria, in Croazia. “Sono molto lusingato per aver ricevuto l’invito di partecipazione a questa competizione. Mi sto preparando già da ora per arrivare in formissima alla data in modo da poter raggiungere il miglior risultato possibile, anche se è dura sostenere gli allenamenti con questo caldo. Ma non fa niente, per amore di questa disciplina sono disposto a qualsiasi cosa”.
Il sogno di D’Elia, che a 29 anni ha già realizzato famiglia con moglie e due figli, resta quello di poter conquistare il primo posto mondiale proprio nella sua città. “Sì, il mio sogno è quello di poter organizzare a Francavilla Fontana un evento unico, di elevato spessore. Voglio conquistare la cintura WPKA e voglio che questo avvenga nella mia città. Non è facile, perché l’evento comporterebbe ingenti investimenti, che senza l’aiuto di sponsor e amministrazione è impossibile sopportare. Io ci voglio credere, sono fiducioso. Anche con gli sport cosiddetti “minori” si può dare lustro e visibilità alla città e al territorio”.
A livello nazionale,invece, il prossimo impegno è quello del 17 luglio a Montecatini, in Toscana. Un tour de force di allenamenti aspetta l’atleta francavillese, considerando l’impegno balcanico di fine mese.