martedì 27 novembre 2012

"Ma sei italiano? E che ci fai qui in Inghilterra?"

Quando mi chiedono se val la pena venire a vivere a Londra, io rispondo sempre di sì. Vivere in un altro paese allarga gli orizzonti, mette alla prova la propria capacità di adattamento e insegna le differenze. Una cosa però è vivere 2 o 3 anni all'estero, un'altra è passarne 10 o più. Vivere a Londra è bellissimo, ma tutto ha un prezzo e quello che segue è un piccolo elenco delle "tasse" che Londra applica agli italiani (e non solo):

Si diventa "ibridi". Si vive in una sorta di limbo a metà tra le due culture, italiana e inglese. La cosa non è necesariamente negativa, anzi, se sai gestirla bene, puoi prendere il meglio delle due. Ma siamo esseri umani e siamo fatti di cuore e errori. E siamo difficili da accontentare. Londra è la nostra nuova casa e ci viviamo bene. Però sappiamo che non possiamo (e non dovremmo) dimenticare l'Italia che, volenti o nolenti, scorre nel nostro sangue. Risultato: vorremmo essere lì, un po' qua, ma 3/4 di là, con un piede a metà, la testa un po' qua, il cuore di là e anche viceversa. Insomma, un casino. In una delle pagine di questo sito ho letto una frase: "London is my town, but Italy is my country". Ognuno la interpreti come vuole. Io non so se sono al 100% d'accordo, ma per qualche ragione questa frase mi piace.

Il tempo. Sembra quasi banale dirlo, ma vorrei spiegarmi meglio. Non cadrò nel solito "qui piove sempre" perchè 1) non è vero 2) il problema non è il cattivo tempo ma la sua variabilità. Direte, vabbè, ci si fa l'abitudine. Vero, fino ad un certo punto. All'inizio ci si infastidisce un po'. Dopo 10 anni si capisce quale impatto massiccio ha la variabilità del tempo sulle cose che facciamo ogni giorno e soprattutto nel tempo libero. In Italia se ti alzi il sabato mattino e fa bello, farà bello per tutta la giornata. Allora è facile saltare in macchina e raggiungere il mare o la montagna (ovunque tu sia in Italia puoi raggiungerli in media in meno di 2 ore). L'Inghilterra ti insegna che se fa bello è bene mettere un ombrello nello zaino. Nessuna attività "outdoor" si può veramente programmare in UK. E se vivete a Londra, mare e montagna non sono un'opzione per la maggior parte dell'anno. Le montagne sono lontane (Peak District) e il mare (Brighton ad esempio) lo si può fare, se va bene, pochi weekend in tutta l'estate. La realtà è che per godersi il mare e la montagna italiani e inglesi vanno fuori dallo UK. Il che vuol dire prendere un treno o un aereo. Che vuol dire programmare il tutto con molto tempo di anticipo. E vuol dire anche che solitamente non è un'esperienza a basso costo. E se ci pensate bene, il tempo atmosferico non lo digeriscono del tutto neanche gli inglesi. Un numero impressionante di persone lasciano baracca e burattini per trasferirsi in Spagna e trascorrervi la pensione.

I rapporti sociali. Mettici il fatto che Londra è una grande metropoli, mettici che gli inglesi sono freddi e raffreddano anche chi gli sta intorno, ma i rapporti sociali qui richiedono una gran fatica. E quando finalmente costruisci una bella amicizia, di solito la perdi perchè l'amico o l'amica in questione decide di trasferirsi altrove. Alcune delle mie amicizie più strette sono tornate in Australia, Francia e Italia. Londra è un gran porto di mare dove pochi ci vivono ma quasi tutti ci passano.
Inoltre, trovo stancante la totale mancanza di interazione con gli sconosciuti, sul treno, nei negozi, per strada. Mai uno scambio di sguardi o di battute che non vadano oltre il banale.

Uscire richiede fatica. Mi spiego. Quasi tutte le attività d'intrattenimento o ricreative iniziano alle 7.30-8pm e finiscono prima delle 11.30pm. Teatro, concerti, perfino gran parte dei pub. Per chi lavora fuori dal centro e non ha un lavoro rigorosamente 9am-5pm, questo vuol dire correre a prendere i mezzi per arrivare in tempo. Paradossalmente ci si stressa per andare a godersi un momento di relax. E usciti da teatro o altro, trovare un posto dove mangiare un boccone diventa un'impresa. Le cucine dei pub chiudono in media alle 9pm, i ristoranti spesso prima delle 10pm a parte qualche caso fortunato. Se gli eventi iniziassero alle 9pm, come in gran parte delle città europee, la vita sarebbe più rilassata o almeno più gestibile.

Ecco la mia lista. Ma c'è ancora un altro prezzo da pagare... Il prezzo forse più pesante è quello di vedere l'Italia da lontano come un mondo bellissimo ma impossibile e dover trovare le parole per rispondere all'ennesimo straniero che ti chiede "Ma sei italiano? E che ci fai qui in Inghilterra?". Per loro è il paradiso. Vai a spiegare loro...

martedì 4 settembre 2012

Se gli italiani emigrano di nuovo...

La valigia non sarà più di cartone, ma avrà le rotelle. Il viaggio in treno di 48 ore sarà sostituito da un volo low cost, magari da aeroporti scomodi e a orari infami. E al posto delle melanzane sott'olio della mamma si avrà diritto a una pizza riscaldata al micro-onde dalla hostess. Lo si potrebbe chiamare «Pane e cioccolata 2.0», un fenomeno che non era mai veramente andato via ma ora riemerge. Gli italiani tornano verso i Paesi di lingua tedesca. Non lo fanno solo quelli che per brevità e autofustigazione chiamiamo «cervelli», come se tutti gli altri non lo avessero. Lo fanno le ragazze e i ragazzi di quella che chiamiamo «generazione 2.0», per non definirla più propriamente «generazione 35%» (di disoccupati).
 
I dati della Bundesagentur für Arbeit, l'agenzia tedesca del lavoro, lasciano pochi dubbi sul fatto che si tratti di un fenomeno strutturalee non di un blip su un andamento per il resto piatto. L'accelerazione, dal 2009 al 2011, è netta. La sostanza è che in questi due anni l'aumento dei lavoratori italiani in Germania, in percentuale, è pari a quello degli lavoratori in arrivo dalla Grecia. Più 6,4% per questi ultimi, più 6,3% per gli italiani. Alle spalle gli ellenici hanno un Paese nel quale la disoccupazione ufficiale è attorno al 23%, mentre in Italia supera appena il 10%. Ma in entrambe le economie solo un cittadino su tre ha effettivamente un posto, segnala Eurostat, dunque l'andamento parallelo nelle migrazioni verso Nord non è poi così strano.
 
Soprattutto, il ritmo dei flussi verso la Germania appare in crescita sempre più rapida sia per gli italiani che per i greci, ma anche per spagnoli e portoghesi. Gli europei del Sud riprendono le strade battute dai loro nonni, per le stesse ragioni. All'inizio della crisi, nell'anno di crollo seguito al crac di Lehman Brothers, era un piccolo rivolo di uscite (più 1,7% di italiani e spagnoli in Germania nel 2010). Nel 2011 è diventato un flusso pronunciato, più 4,47% l'Italia e anche di più Spagna, Grecia o Portogallo. E quest'anno sembra un'esplosione dall'Italia verso la Repubblica federale di persone in cerca di lavoro. La Bundesagentur für Arbeit segnala 189.299 lavoratori italiani in regola con i contributi in Germania nel 2011 (8000 in più sul 2010) e ben 232.800 a maggio di quest'anno, un'impennata addirittura del 22% forse però dovuta in parte a un effetto ottico delle statistiche: possibile che molti lavorassero già nella Repubblica federale, ma sono stati regolarizzati solo negli ultimi mesi. Come che sia, è un'inversione di tendenza. Dai tempi di «Pane e cioccolata» in versione originale e fino a metà dello scorso decennio, era proseguito il graduale declino nella presenza dei lavoratori italiani in Germania. Il 2005 ha segnato il minimo a 171 mila. Poi il malessere economico decennale a Sud delle Alpi e gli choc successivi hanno provocato la ripresa delle abitudini di un tempo.
 
Pressati dal boom dell'export e dal declino demografico, i tedeschi fanno quanto possono per incoraggiare l'arrivo di nuova manodopera. Non è più il tempo della banda di Paese che accoglieva alla stazione i turchi destinati alle fabbriche del miracolo economico. Ma i distretti della meccanica, soprattutto in provincia, hanno sete di nuovi operai da formare. Spiegel scrive che solo nella regione metropolitana del Reno-Neckar, a sud-ovest, si prevede una carenza di manodopera specializzata per 35 mila unità entro il 2013. La Zdh, la confederazione tedesca dei mestieri che rappresenta elettricisti, edili o commercianti, è arrivata a contattare le congregazioni religiose in Spagna perché convincano i giovani parrocchiani a trasferirsi nella provincia profonda tedesca nell'Emsland o a Mannheim.
 
Molti preferiscono Berlino, che forse offrirà meno opportunità di lavoro ma ha locali più interessanti. Eppure questa recessione così feroce, così apparentemente cronica, spinge sempre di più un'intera generazione di italiani, spagnoli, portoghesi e greci al pragmatismo. Le sedi del Goethe Institut sono così subissate di richieste d'iscrizione che - fa sapere la scuola di lingua - «in molte sedi si è dovuta aumentare l'offerta». Come mostra il grafico qui sopra, l'aumento è a doppia cifra in tutta l'Europa del Sud. Italia inclusa. Dice il presidente del Goethe Klaus-Dieter Lehmann: «Sono i giovani che vogliono i nostri corsi, ma non per leggere Schiller in originale: vogliono migliorare le loro possibilità di trovare un lavoro».
 
Il Goethe Institut ha studiato con cura l'antropologia dell'iscritto medio sudeuropeo di nuova generazione. «Italia: principalmente giovani uomini, in maggioranza con una buona istruzione, che vogliono migliorare le loro prospettive di lavoro» (gli spagnoli invece, «fra i 20 e i 40 anni»). Non è uno sforzo inutile. Se qualche anno fa i professori insegnavano il vocabolario della teologia, della filosofia o della poesia romantica, adesso hanno introdotto corsi per il tedesco del settore meccanica e auto: lo hanno fatto per esempio a Torino, dove nell'ultimo anno le iscrizioni al Goethe sono cresciute del 26% (anche perché l'Italdesign di Giogetto Giugiaro è passata alla Volkswagen).
Altrove i corsi del Goethe, da Napoli a Barcellona, si concentrano sulle parole utili per infermieri, medici o laureati in legge. Nel capoluogo campano le iscrizioni sono cresciute più degli investimenti in Cina, e così anche a Milano; solo a Roma, in tutta l'Europa del Sud, sono rimaste praticamente piatte. Ma forse è proprio questo ciò che i tedeschi non potranno mai capire dell'Italia.

venerdì 3 agosto 2012

CITAZIONI

“Dobbiamo credere nella fortuna. Come potremmo, altrimenti, spiegare il successo di chi non ci piace?” Jean Cocteau

“Ci deve essere una spiegazione matematica per la bruttezza della sua cravatta” (Russell Crowe, nei panni del matematico John Nash, nel film “A beautiful mind” di Ron Howard, 2001)

”Non ho niente da dire e lo sto dicendo” John Cage

“I miei genitori sono stati insieme per quarant’anni, ma solo per ripicca”, Woody Allen

“Quando penso alla carne della mia carne, chissà perché, divento subito vegetariano” (Philippe Noiret nel film “Amici miei” di Mario Monicelli, 1975)

Legge di Murphy: “Consultando un numero sufficiente di esperti si può confermare qualsiasi opinione” Arthur Bloch

Legge di Murphy: “Se rimane sulla tua scrivania più di 15 minuti, sei diventato un esperto” Arthur Bloch

Legge di Murphy: “La conclusione è il posto dove ti stufi di pensare” Arthur Bloch

Legge di Murphy: “Più vecchie e noiose sono le riviste in sala d’attesa e più devi aspettare” Arthur Bloch

“L’aspetto più difficile della soluzione dei problemi é il prevedere i problemi creati dalle soluzioni” Theodore Levitt

“Lusingarsi di essere senza pregiudizi è, di per sé, un grande pregiudizio” Anatole France

“Sono libero di avere delle opinioni, e questa è una gran bella cosa, ma vorrei anche essere libero di non averne" Sacha Guitry

“Quando si dice di essere d’accordo su una certa cosa in linea di principio, significa che non si ha la minima intenzione di metterla in pratica” Otto Von Bismarck

«Lei crede all’amore a prima vista?», «Non so, ma certo fa risparmiare un sacco di tempo» (dialogo fra George Raft e Mae West nel film “Nigth after night” di Archie Mayo, 1932)

«Da quando c'è lui... treni in orario, e tutto in ordine!», «Per fare arrivare i treni in orario, però se vogliamo mica c'era bisogno di farlo capo del governo. Bastava farlo capostazione» (Dialogo tra una fascista e Massimo Troisi in "Le vie del Signore sono finite" di Massimo Troisi, 1987)

“La vita é l’arte di trarre conclusioni sufficienti da premesse insufficienti” Samuel Butler

“Abilità politica significa avere la capacità di prevedere cosa accadrà domani, la settimana prossima, il mese prossimo e l’anno prossimo. E, in seguito, avere la capacità di spiegare perché non é accaduto” Winston Churchill

“La pianificazione strategica va in crisi quando il futuro si rifiuta di assumere il ruolo assegnatogli dai pianificatori” Edward de Bono

“I letterati scrivono l’elogio del pennino quando compare la macchina per scrivere e l’elogio della vecchia Olivetti quando compare il Macintosh” Giuseppe Pontiggia

“In Italia la linea più breve fra due punti è un arabesco” Ennio Flaiano

“E' sbagliato giudicare un uomo dalle persone che frequenta. Giuda, per esempio, aveva degli amici irreprensibili” Marcello Marchesi

“Non c’è niente di più difficile per un pittore veramente creativo del dipingere una rosa, perché prima tutto deve dimenticare tutte le altre rose che sono state dipinte" Henri Matisse

“Il bello della democrazia è proprio questo: tutti possono parlare, ma non occorre ascoltare” Enzo Biagi

“L’uomo non ha orecchie per ciò che non rientra nella sua esperienza” Friedrich Nietzsche

“Interpellate cinque economisti e otterrete cinque risposte diverse. Sei, se uno viene da Harvard” Edgar R. Fiedler

"Certi problemi sono talmente complessi che è necessario essere molto intelligenti e molto ben informati anche solo per rimanere indecisi sul da farsi" Laurence J. Peter

In teoria, non c’é differenza fra la teoria e la pratica. Ma in pratica c’é” Yogi Berra

“Il compito di un teorico è di dire delle ovvietà, così almeno si ha la sicurezza che sono già verificate dal consenso comune. Tutt’al più, si tratta di organizzare le ovvietà e di dire alcune ovvietà nei momenti giusti” Umberto Eco

“Ci sono persone che parlano, parlano ...finché non trovano qualcosa da dire” Sacha Guitry

“Se cinquanta milioni di persone dicono una cosa stupida, la cosa non cessa di essere stupida” Anatole France

“Le più affascinanti pagine sulla campagna si scrivono nel bel mezzo di una città” Jules Renard

“Siamo qui sulla terra per ridere. Non potremo ridere al purgatorio o all’inferno. E, in paradiso, non sarebbe educato” Jules Renard

“L'uomo veramente libero è colui che rifiuta un invito a pranzo senza sentire il bisogno di inventare una scusa” Jules Renard

“A forza di fare lo scettico, sono diventato scettico su molte cose, soprattutto sullo scetticismo” Alfred Capus

“Partire è un po’ morire, ma morire è partire del tutto” Alphonse Allais

“L’uomo non è perfetto: non c’è da meravigliarsi se si pensa all’epoca in cui fu creato” Alphonse Allais

“Il caso è lo pseudonimo di Dio quando non vuole firmare” Anatole France

“L’amore è un colpo d’occhio, un colpo di reni e un colpo di spugna” Sarah Bernhardt

“A forza di vivere costantemente con qualcuno... si finisce per dimenticare un po’ la sua silhouette. Fate attenzione al giorno in cui vi fermate un attimo per allacciarvi le scarpe, la vostra compagna vi avrà oltrepassato di qualche metro...Lei è di spalle...cammina lentamente...voi l’osservate...la seguireste se non foste obbligati a raggiungerla?” Sacha Guitry

“Evitate di raccontare a vostra moglie le cattiverie subite dalle precedenti donne. Non è proprio il caso di darle delle idee” Sacha Guitry

“La scuola è quell'esilio in cui l'adulto tiene il bambino fin quando è capace di vivere nel mondo degli adulti senza dar fastidio” Maria Montessori

“Scuole: luoghi dove s’insegna ai ragazzi ciò che è indispensabile sapere per diventare professori” Sacha Guitry

“Per me la vecchiaia significa sempre quindici anni in più della mia età” Bernard Baruch

“Il futuro é già passato e non ce ne siamo nemmeno accorti” (Vittorio Gassman, nel film “C’eravamo tanto amati” di Ettore Scola, 1974)

“Le domande alle quali è più difficile rispondere sono quelle la cui risposta è ovvia” George Bernard Shaw

"Il senso comune altro non è che una serie di equivoci e fraintendimenti assimilati fino all'età di 18 anni" Albert Einstein

“Non sprecate troppo tempo a cercare gli ostacoli: potrebbero non essercene!” Franz Kafka

“Nell’amore di gruppo c’è il vantaggio che uno, se vuole, può dormire” Ennio Flaiano

“Gli italiani amano perdonare. Soprattutto le cose irreparabili che colpiscono gli altri...” Sebastiano Vassalli

“L’italiano ha un tale culto per la furbizia, che arriva persino all’ammirazione di chi se ne serve a suo danno” Giuseppe Prezzolini

“Il cattivo critico critica il poeta, non la poesia” Ezra Pound

“Il difficile, in una discussione, non è difendere la propria opinione, ma conoscerla” André Maurois

“Se un’idea è più moderna di un’altra, è segno che non sono immortali né l’una né l’altra” Carlo Emilio Gadda

“Non sono le idee che mi spaventano, ma le facce che rappresentano certe idee” Leo Longanesi

“«Con gli eunuchi si può parlare a lungo», diceva una donna dell’harem” Stanislaw Jerzy Lec

“Perché mai dobbiamo avere abbastanza memoria da ricordare fin nei minimi particolari quello che ci è capitato e non per ricordare quante volte lo abbiamo raccontato alla stessa persona?” François de La Rochefoucauld

“Di solito, il perdurare di un’abitudine è direttamente proporzionale alla sua assurdità” Marcel Proust

“Quando non si vede bene cosa c’è davanti, viene spontaneo chiedersi cosa c’è dietro” Norberto Bobbio

«Lei crede davvero che avere i soldi automaticamente porti la felicità?», «No, però nemmeno che automaticamente mi deprima» (dialogo fra Cameron Mitchell e Lauren Bacall nel film “Come sposare un milionario” di Jean Negulesco, 1953)

“Il problema è che per capire che non avevo talento di scrittore mi ci sono voluti quindici anni, ma non ho potuto farci nulla perché ormai ero diventato famoso” Robert Benchley

“ Nessuno ricorderebbe il Buon Samaritano se avesse avuto solo buone intenzioni: aveva anche i soldi” Margaret Thatcher

“Nessuna donna si sposa per denaro: sono tutte tanto astute, prima di sposare un milionario, da innamorarsene” Cesare Pavese

“Nulla necessita di cambiamento quanto le abitudini degli altri” Mark Twain

“Quando il direttore di un quotidiano va in ferie, corre il rischio che le vendite del giornale, in sua assenza, diminuiscano. Ma ne corre uno maggiore: che aumentino” Indro Montanelli

“È più facile spezzare un atomo che un pregiudizio” Albert Einstein

“Non far ricamare iniziali sulla biancheria, infastidiresti gli eredi” Mino Maccari

giovedì 12 luglio 2012

Avete fatto sognare un Paese intero. Grazie lo stesso!

Una finale persa per 4-0 ti lascia sempre segni pesanti e dolorosi sulla pelle. E’ persino inutile parlare della partita con la Spagna. Nel senso che la partita non c’è stata. Solo la Spagna e basta. Niente Italia. Detto questo, non si può giudicare solo e soltanto quest’ultima partita. Perché sarebbe una realtà assolutamente falsata. Non è stata l’Italia che abbiamo visto prima, contro l’Inghilterra e contro la Germania, era semplicemente un’altra nazionale. Se volete dire che forse bisognerebbe almeno limare un po’ i giudizi entusiastici dopo la vittoria ai rigori con gli inglesi, e la doppietta di Balotelli contro la Germania, rispondo che ci sta, che è vero, che è giusto. Che forse quelle partite ci hanno offerto una realtà un po’ distorta, un po’ esagerata, un po’ troppo ottimista. Il calcio può farti sobbalzare un po’ il cuore, soprenderti, è bello proprio per questo. Nel bene e nel male. Ma nemmeno posso pensare che tra l’Italia e la Spagna ci sia tale e tanta differenza, sempre e in assoluto. Posso accettarlo per una serata maledetta, ma non credo che l’Italia si meriti tanta umiliazione. E anzi secondo me di umiliazione proprio non si può parlare, nonostante il risultato. E comunque approfittiamo per inchinarci – come del resto abbiamo fatto fin troppo… – davanti alla nazionale di Del Bosque che stasera ha confermato di giocare il migliore calcio al mondo. Una squadra perfetta, dalla difesa all’attacco. Un esempio per tutti, anche per noi che abbiamo cercato di trarne lezione. E stasera più che mai…
Il voto alla partita dell’Italia non lo dò, sarebbe basso, bassissimo e non sarebbe giusto. Insisto a dare all’Italia un 7,5 per il bel campionato europeo che ha fatto. Insisto a ringraziarla per la dimostrazione di grande unità,  di forza, di applicazione, di volontà, di dedizione al lavoro. Un merito che va ascritto per la maggior parte al lavoro eccezionale di Prandelli, che spero rimanga alla guida della nazionale, superi tutte le incertezze e contribuisca alla crescita del calcio azzurro. Non è una nazionale che ha fallito questa, nessuno si sarebbe mai aspettato di arrivare fino alla finale dell’Europeo. E’ una nazionale questa che ricorderemo a lungo e che speriamo sia solo all’inizio del suo cammino. Appuntamento ai Mondiali del 2014.

venerdì 29 giugno 2012

Sogno o son desto? La partita più grande da Germania 2006

Quella che resta negli occhi alla fine è una partita che è molto difficile credere sia stata vera, e non abbia fatto parte invece di un sogno. Abbiamo battuto la Germania 2-0 con due gol di Balotelli che può diventare il miglior giocatore dell’Europeo e ci stiamo preparando per andare a Kiev ad affrontare la Spagna in finale: sogniamo o siamo desti? E’ la stessa Italia che due anni fa Prandelli ha raccolto dalle macerie di Sudafrica 2010? Un match risolto addirittura nel primo tempo, con pochissima storia, se non qualche brivido iniziale. Nessuno avrebbe potuto immaginarlo. A testimonianza che il calcio ha pur sempre del misterioso, celestiale, incontrollabile. L’Italia non ha vinto per un miracolo, è questo il punto. Ha vinto perché se lo è fortemente meritato. Giocando la miglior partita che le sia capitata da quando è diventata campione del Mondo a Berlino il 9 luglio 2006. Cancellando, si spera, tutto quello che di negativo c’è stato in mezzo. Forse non sarà una partite che porta l’Italia fuori dalla sua crisi – parliamo sempre di calcio, intendiamoci… – ma abbiamo sicuramente una grande squadra e dei grandi giocatori. I giocatori non riesci mai a misurarli e valutarli perfettamente fino a quando non ti trovi coinvolto in serate del genere, serate che danno la reale dimensione del gruppo, delle sue capacità tecniche, fisiche e soprattutto psicologiche. E’ contro i grandi avversari che devi misurare la tua grandezza: e l’Italia è già passata attraverso Spagna, Inghilterra e Germania. Non può essere una coincidenza, non siamo in finale per fortuna. Ci siamo perché l’Italia è semplicemente forte, tecnicamente dotata e preparata. Un campionato non dei più eccelsi (forse) e un calcio italiano preso a schiaffi in Europa a livello di club, questa nazionale ha partorito. Questo sì è stato un piccolo miracolo di Prandelli, nessuno poteva pensare a questo.

E adesso ci ritocca la Spagna, in una partita che non avrà nulla a che fare con quella d’esordio in questo Europeo in Polonia e Ucraina. Sono convinto che un po’ si sia vinto anche perché la Germania non è praticamente esistita ed è stata mandata ko dalla doppietta di Balotelli, ma soprattutto perché la preparazione della partita degli azzurri è stata praticamente perfetta. Niente affatto stanchi pur avendo avuto due giorni di riposo in meno, concentratissimi e determinati, chiusi in difesa e determinati in attacco. E’ sulle qualità tecniche messe in mostra dai giocatori, sulla capacità dell’attacco di far male al momento giusto, sulla capacità del centrocampo con Pirlo e De Rossi di tenere unita e compatta la squadra, sulla difesa che ha completamente disinnescato gli attaccanti tedeschi che si misura la grandezza dell’Italia. Il “possesso palla” tanto citato nei giorni scorsi è stato di leggero predomionio della Germania (54%), ma è stata la qualità immensamente più elevata di quel 46% degli azzurri a vincere. Un numero di per sé non significa niente, contano gli uomini che quel numero determinano.

Prandelli ha azzeccato tutto. Senza andare troppo indietro, e cioè ai due anni di gestione precedente tra il 2010 e oggi: è chiaro che ha azzeccato ad esempio la scelta di un attacco che finora magari poteva aver giocato bene, ma che ancora non era riuscito a sfondare. Troppi pochi gol si diceva: un Cassano abbastanza spompato e un Balotelli ancora perso in se stesso. I migliori in campo sono stati proprio loro, sono stati loro i cazzotti che hanno spedito ko la Germania. Prandelli ha creduto in loro, li ha difesi e soprattutto caricati.

La Germania ci soffre storicamente. Più ci accolgono al ritmo di cori con pizza e mandolini, più loro si presentano in campo da grandi favoriti, e più ci soffrono. E perdono. Dal 1970 a oggi. Girando per Varsavia i tifosi tedeschi erano convinti che questa sarebbe stata la serata giusta, la grande notte del riscatto, “La Pizza è arrivata al capolinea”, ed è stata un’altra grande notte per l’Italia e un’altra serata francamente umiliamente (sempre calcisticamente parlando per carità) per loro.

E’ stata la notte ovviamente di Mario Balotelli. Ha segnato gol bellissimi, soprattutto il secondo. Quando riesce a giocare con la testa libera da pressioni e a sbrigliare l’istinto è insuperabile. Gli è stata messa addosso una pressione enorme, inizialmente era un peso che non sopportava., Adesso sembra essersene liberato. In ogni caso non ci basta ancora: ci serve un’altra grande partita e altri gol così.

martedì 26 giugno 2012

IL BATTICUORE DI KIEV

La vittoria, quando arriva così, mette a dura prova le coronarie. Del resto lo aveva detto anche Buffon (”I rigori? Mi auguro di no”), che poi ha fatto la parata decisiva su Johnson regalandoci praticamente la semifinale. Il momento più duro, ai rigori, è stato l’errore di Montolivo e quello più esaltante il “cucchiaio” (o come dicono i calciatori lo “scavetto”) di Pirlo. Indimenticabile poi il momento in cui Diamanti mette dentro l’ultimo penalty: è il giocatore rivelazione della nazionale, ha estro, qualità, coraggio. Non sarebbe stato giusto che l’Italia finisse fuori ai rigori, ma poteva capitare. E il giudizio non sarebbe dovuto cambiare. Ma invece i risultati nel calcio cambiano tutto, si sa. E dunque adesso la nazionale si sente in rampa di lancio, pronta a fare tutto, addirittura galvanizzata dall’idea di giocarsela fino in fondo. Sì fino alla finale, domenica prossima, proprio in questo stadio, proprio a Kiev: contiamo di tornarci.
Ogni tanto l’andamento della partita e la sequenza dei rigori coincidono, concordano. Non diventano una beffa, la beffa dei rigori, la lotteria dei rigori. Dai rigori l’Italia ha ottenuto quello che era giusto che ottenesse. Potremmo metterci qui a fare il conteggio di quante volte i rigori ci hanno dato e di quante ci hanno tolto ( ci abbiamo vinto un Mondiale e perso un altro…) ma adesso già non conta più, il clima di festa circonda la squadra che in questo momento si sente forte, fortissima, insuperabile. E comunque con i rigori in un grande torneo internazionale ci devi fare i conti, sono come una spada di Damocle che ti pende sulla testa.
Dopo aver battuto l’Inghilterra – un avversario forse tecnicamente inferiore agli azzurri in questo momento, ma comunque un grande avversario – l’Italia si appresta ad affrontare la Germania di Gomez, Ozil & C. Un punto di riferimento del calcio mondiale. Prima ancora di ripensare alla partita che abbiamo superato, viene da pensare in cosa si stia trasformando questo Europeo. Avevo detto che questa era la partita della svolta, che in qualche maniera poteva segnare il futuro della nazionale. L’Europeo, nei programmi, doveva essere un torneo di passaggio. E invece sta diventando qualcosa di più, di molto di più. Non dico che tutto quello che da stasera in poi viene è tutto di guadagnato, perché non sarebbe la mentalità giusta, con cui affrontare l’avversario più difficile, però l’Italia almeno diciamo che l’Italia sta diventando la sorpresa dell’Europeo. O la rivelazione se ci piace.
L’Italia ha dovuto affrontare prove difficili per arrivare fino alla semifinale di giovedì a Varsavia. Ci siamo battuti contro la Spagna e non abbiamo certo demeritato, ci siamo misurati contro l’Inghilterra, che abbiamo battuto solo ai rigori, ma che nei novanta minuti è stata anche sommersa di occasioni da gol. La partita l’ha fatta l’Italia. Insomma nessuno ci ha regalato niente anzi. Non solo, il calcio dell’Italia non è stato speculativo e rinunciatario come quello degli inglesi che sono arrivati davanti a Buffon molto più raramente. Balotelli ha avuto molte più palle gol di Rooney che ha ben altra statura internazionale. L’attaccante del City ha iniziato con qualche difficoltà, sembra iniziare le partite ragionando troppo e con una leggera paura, cerca il tiro solo in posizione perfetta. Ma quando rompe il fiato e libera l’istinto il peso in attacco si sente eccome. Per me ha fatto una grande partita. E’ un peccato che sia fermo ad un solo gol in questo Europeo. Ne merita di più e la Germania è l’occasione giusta per trovare la definitiva consacrazione internazionale.
Certo non tutto è stato perfetto. Cassano sinceramente sembra aver esaurito la riserva di fiato e concentrazione, l’infortunio di De Rossi – il migliore in campo nei novanta minuti – ha aperto un altro problema (dopo quello di Chiellini) nella gestione stessa della partita. Prandelli è stato costretto a chiudere la gara bcon l’Inghilterra con una punta sola. Penso però che proprio in queste difficoltà, nell’esigenza di improvvisarsi il futuro in minuti di partita così concitati e complessi, nasca una bella squadra. Ho ancora pudore a dire grande, ma è come se lo avessi detto.

martedì 19 giugno 2012

CE LA POSSIAMO GIOCARE CON TUTTI

E' finita come era giusto e logico che si chiudesse il girone, con la Spagna al primo posto e l'Italia ai quarti. E' finita con la lezione di sportività dei Campioni del Mondo, alla faccia di quelli che credevano davvero al biscotto, forse perché contagiati dalla cultura dei sospetti e delle irregolarità. Ce l'ha fatta invece l'Italia, grazie a se stessa e a una partita che ha rilanciato gli azzurri al modulo più logico, con De Rossi a centrocampo, perché quella è la sua natura e pensare di dover sprecare le sue qualità in un ruolo non congeniale è davvero troppo. Bravo Prandelli, nella partita decisiva, a restituire ai tifosi la squadra che tanto bene aveva fatto nelle qualificazioni, con Pirlo capace di dettare i tempi con gente capace di strappare e sfruttare i suoi tocchi. Ora può davvero cominciare l'Europeo dell'Italia, che offre l'impressione di essere in crescita e non deve più commettere l'errore di lasciare in equilibrio partite assolutamente alla portata. L'Italia l'ha chiusa con l'Irlanda, così come doveva fare con la Croazia e non c'era bisogno di tutta questa sofferenza finale.

Ma la fotografia della partita è molto, se non tutta, nei gol di Cassano e Balotelli, gli attaccanti designati al debutto e che hanno visto le loro strade divise proprio nei novanta minuti decisivi. E' stato sostituito Cassano, che aveva firmato il gol capace di aprire la partita; poi ci ha pensato Balotelli, subentrato a Di Natale e capace di chiudere una gara comunque complicata con una
prodezza. Sono stati due gol su calci d'angolo, ma forse per la prima volta l'Italia ha regalato alle punte l'assistenza che meritavano. E anche per questo Prandelli merita il massimo apprezzamento, per aver tenuto sulla corda tutti i suoi attaccanti, senza perdere nessuno per strada. Ora l'Italia sa di potersela giocare con le altre sette migliori d'Europa e soprattutto sa di avere un'infinità di frecce al proprio arco. Abate e Balzaretti sono stati bravi a sostituire Maggio e Giaccherini e soprattutto Prandelli, come detto, è stato ancora più bravo a capire il momento giusto per rilanciare l'Italia. L'Italia delle qualificazioni, con tanto cuore e con De Rossi gigante a centrocampo.