I limiti della squadra. L’impotenza della società. La disperazione dei tifosi, la paura di non farcela. C’è tutto per retrocedere, anche se qualcosa manca ancora. Manca l’ufficialità dei numeri. Mancano dodici partite. Ma c’è una mancanza ulteriore, che copre tutte le altre, annullandole e vanificandole. Manca il Francavilla. La squadra che dovrebbe salvarsi non c’è. E’ questa la constatazione più amara, dopo la sconfitta interna contro il Bacoli. Il Francavilla è definitivamente quello che appare: una squadra incompiuta, che non smetterà mai di cercarsi. Una squadra che perde con la disinvoltura del Francavilla non dovrebbe nemmeno essere considerata una squadra. E’ solo una pesante utopia, un grande inganno, una stanca illusione. Il Francavilla non esiste. Forese in questa stagione non è mai esistito. Forse ce lo siamo inventati noi che lo seguiamo e gli vogliamo bene. E nell’eccitazione generale in cui la sua e la nostra storia sembrava dovessero cambiare, abbiamo visto ciò che ancora non c’era. E adesso verifichiamo la forza utile di quella costruzione, la sua assenza di logica e di peso specifico. Il Francavilla visto domenica continua ad essere una squadra sbagliata. Lo è stata come idea tecnica e come progetto tattico. Non c’era nulla a tenerlo insieme, né un momento di gioco, né la colla dinamica del pressing, né i colpi isolati dei singoli. Solo impegno vago, applicazione di facciata, impeto spesso fuori controllo. La puntuale sconfitta casalinga è la conferma ulteriore di un deficit strutturale mai colmato. Riempito un po’ alla rinfusa, ammassando giocatori inadatti e palesemente fuori condizione.Giocatori che non hanno tolto e non hanno aggiunto. Si sono semplicemente resi compatibili al contesto, adagiandosi su una situazione apparentemente senza via d’uscita. Un gap con il quale il Francavilla è nato e che, paradossalmente, continua a crescere, anziché deperire. Un deficit non solo di carattere tecnico, tattico e organizzativo. Ma soprattutto identitario. Il Francavilla non ha identità psicologica perché si frantuma spesso alla prima difficoltà. Non ha un’identità agonistica perché è sempre incerto sull’atteggiamento da assumere (non è una squadra dedita alla manovra offensiva, né si esalta nel puro contenimento). Non ha – ed è forse questo l’aspetto più preoccupante – un’identità societaria, una rassicurante stabilità di pensiero e di azione (l’approssimazione con la quale si è tardivamente messo in moto sul mercato, scontando diffusa incapacità e prolungata inerzia, ne costituisce la prova lampante).
Sono tante, tantissime le domande a cui il Francavilla, nelle partite che restano, è chiamato a dare una risposta. Domande cariche di angoscia e di presentimenti. Senza gioco non si può vincere. Senza identità non si può giocare. Il gioco e un’identità: a fine febbraio una squadra che non ha trovato né l’uno né l’altro ha già perso la prima scommessa. Quella con se stessa. Presto non ci saranno più storie nel cesto, né slanci, né speranze, né calcoli. Presto non ci saranno più partite da raccontare. Finché, però, rimane in piedi un briciolo di possibilità, conviene non sottrarsi a questa specie di negazione dell’evidenza. Nel calcio, non si sa mai.