lunedì 29 marzo 2010

OTTAVIO ANDRIANI: UN MARATONETA, UN CAMPIONE, UN UOMO!

E’ riuscito a spuntarla ancora una volta il “ghepardo” francavillese. Ottavio Andriani, tagliando per primo il traguardo della Treviso Marathon 2010 (14 marzo) ha staccato il biglietto d’accesso alle Europei di Barcellona, in programma nella prossima estate. 2h12’49’’ è il tempo impiegato dall’atleta della Polizia di Stato, tempo fortemente condizionato dal vento soffiato più del dovuto sulla cittadina veneta. Allo scopo di condividere con i suoi fans curiosità e particolari della sua vita, il maratoneta “azzurro” si è concesso volentieri ai taccuini del nostro giornale.

Quali sono le tue origini? Qual è stata la tua formazione di base?
Provengo da una famiglia modesta, mio padre faceva il sarto, ora è in pensione. Mia madre oltre a sbrigare le faccende domestiche accudiva ed educava me e mio fratello (eravamo gemelli). La nostra era una famiglia molto affiatata e con pochi grilli per la testa. Vizi non ne abbiamo mai avuti fondamentalmente perché non ce li potevamo permettere. Ogni estate finita la scuola sia io che mio fratello trovavamo impiego presso degli amici e così non restavamo a bighellonare tutto il giorno. Con i soldi che riuscivamo a guadagnare quasi sempre compravamo delle bici o qualche jeans di marca. Non ho mai chiesto dei soldi a casa, anche perché fortunatamente già all’età di 18 anni sono entrato in Polizia e ho avuto una mia indipendenza economica. Il più delle volte anzi, collaboravamo nell’economia familiare e di questo ne vado fiero tutt’oggi. Tutto ciò che ho sempre posseduto (bici, scooter, moto, macchina, casa) è solo ed unicamente frutto del mio impegno e del mio sacrificio. I miei non mi hanno aiutato più che altro perché non erano nella possibilità di poterlo fare, ma io li ringrazio sempre per ciò che mi hanno insegnato negli anni. Insegnamenti che non hanno prezzo.

La tua infanzia è stata significativa nella definizione della tua carriera da atleta?
Credo che la mia infanzia sia stata fondamentale in ciò che sono tutt’ora. Avevo un fratello gemello per cui lo “scontro” e il “confronto” con lui erano quotidiani. Uno stimolo continuo a far sempre meglio, a non essere secondo, una sana competitività che mi ha fatto crescere facendo dell’impegno e della dedizione al lavoro i miei valori principali.

Quando hai iniziato a correre? Perché hai scelto l’atletica? Hai praticato altri sport prima di affacciarti ad essa?
Ho iniziato a correre per gioco a 15 anni e l’incontro con l’atletica è stato del tutto fortuito. Al gruppo sportivo pomeridiano della mia scuola c’era più donne che uomini, ecco il motivo per cui mi sono avvicinato allo sport. Poi una volta arrivati lì c’erano da preparare le corse campestri e per me che ero sempre abituato a correre scalzo in campagna tutto è stato naturale. Però lo sport che amavo e che in passato praticavo era il tennis, mi è sempre piaciuto e mi piace tutt’ora ma poco si concilia con la mia attività attuale, ragion per cui ho dovuto, mio malgrado, metterlo da parte.

Quando hai capito che ci sarebbe stato feeling tra te e la corsa?
Quando a 16 anni io e mio fratello siamo arrivati primo e secondo ai Campionati Italiani di Corsa Campestre. Se tutto sino a lì poteva essere un gioco che poteva finire da un momento all’altro, dopo quella volta ho iniziato a pensare che ci potesse essere un futuro in questa attività e così è stato.

Ci sono emozioni che naturalmente e sistematicamente provi prima di una gara?
Sicuramente “invecchiando” si impara a gestire meglio le proprie emozioni, anche se posso sicuramente dire che l’emozione che ho provato alla mia prima gara era praticamente la stessa che ho provato nel 2008 ai nastri di partenza delle Olimpiadi di Pechino. Diciamo che ciò che cambia è il confronto per ciò che stai facendo. A 15 anni, senza esperienza alcuna, anche la gara di selezione scolastica ti può apparire come la competizione più importante della tua vita. L’emozione che si prova al via di ogni gara è comunque sempre la stessa, cambia il modo che hai di gestire “al meglio” tali emozioni.

Grazie all’atletica hai avuto la possibilità di conoscere diverse realtà nel mondo intero. Diciamo che viaggiare in lungo e in largo per il globo terrestre è stato uno dei vantaggi di questo sport. Senza la corsa difficilmente avrei visitato tanti posti e scoperto tante culture diverse rispetto alla nostra. Tutto questo mi ha permesso di avere una visione molto “ampia” della vita. Ora che ho 36 anni compiuti e che a casa mi aspettano sempre una moglie ed una bimba, cerco di allontanarmi il meno possibile, anche se involontariamente questo sport mi porta ancora a stare spesso lontano da casa per lunghi periodi.

Hai qualche interessi o hobby all’infuori dell’atletica?
Mi piace molto la comunicazione in genere, la radio in particolare. Dicono anche che abbia una buona voce ed una parlantina alquanto spigliata, io non so se crederci o meno, però mi piace molto parlare, questo sì.

Quali sono i posti in cui ti alleni?
Mi alleno spesso lontano da casa, il più delle volte per necessità e non per scelta. D’inverno andiamo quasi sempre al caldo (Namibia, Kenya), d’estate al contrario al fresco (Livigno, Saint Moritz). A casa purtroppo passo poco tempo anche perché oltre a mancare le strutture sarei comunque da solo a correre visto che in molti hanno smesso e quindi trovo compagnia nei raduni con la Nazionale.

Come ti alleni generalmente? Segui una dieta specifica?
Mi alleno due volte al giorno tutti i giorni, la domenica solitamente una sola volta ma per più tempo. Non adotto una dieta particolare, la nostra dieta mediterranea si sposa bene con i principi nutritivi di cui ho bisogno allenandomi. Sono però banditi gli eccessi e i dolci me li concedo solo alla domenica.

Quale sarebbe stato il tuo mestiere, se ti fossi affacciato all’atletica?
Potrei abbozzare un sacco di mestieri che avrei potuto fare, onestamente però non so cosa sarei stato capace di fare, ma so di certo che sarei in ogni modo riuscito a realizzarmi in qualche campo.

Cosa pensi di fare dopo la fine della tua carriera?
Bella domanda. Ancora non mi sono posto questa domanda. Di sicuro resterò nell’arma della Polizia, poi se mi troverò bene proverò a fare carriera.

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