mercoledì 23 settembre 2009

IL ‘RE LEONE’ DICE BASTA. ADDIO ALL’ATTIVITA’ AGONISTICA

La XV edizione del ‘Memorial Antonio Andriani’ e tutta l’atletica leggera salutano Giacomo Leone, dopo anni di professionismo, tanti, tanti successi, il “Re Leone” dice basta. Che emozione! Sarà difficile immaginare una “classica” senza di lui, visto che per decenni è stato uno dei migliori atleti italiani nella sua disciplina. E nonostante questo sport riesca ad offrire giovani già vincenti, il suo carisma rimarrà indelebile. Con tutta la sua franchezza ha spiegato i motivi della sua svolta di vita. «Le primavere cominciano ad essere tante. Dopo i 30 anni il peso delle fatiche si avverte. A 38, ancora di più. Sono integro. Ho avuto la fortuna, durante i miei 25 anni di strada, di non subire mai gravi infortuni. Ma a una certa età le motivazioni calano e il recupero fisico risulta sempre più difficile. Già nel 2008 avevo optato per l’abbandono. La Polizia di Stato, con la quale gareggio, mi chiese di resistere per non assottigliare ulteriormente il loro gruppo di maratoneti. Adesso, tuttavia, è giunto il momento di appendere le scarpe al chiodo». Ora nel futuro del “Re Leone” ci sono due opportunità politiche. Sia da consigliere nazionale della Federazione che da consigliere del Coni, nelle quali cercherà di offrire il suo contributo con straordinario impegno e quel senso del dovere che lo ha sempre contraddistinto.

In una carriera costellata da tanti successi, dove tra i più importanti resta sempre il 1° posto alla Maratona di New York nel 1996, spiega che la sua gratificazione più grande è stata quella di stabilire il primato italiano in maratona. «Sin da quand’ero bambino sognavo di stabilire il primato italiano di maratona. Quando ci riuscii, nel 2000, fissandolo a 2 ore, 7 minuti e 52 secondi, quel sogno si avverò. Fu un’emozione pazzesca, un attimo indimenticabile. Peccato che un anno dopo Stefano Baldini, il vincitore dell’Olimpiade di Atene, me l’abbia sottratto. Però rimane la soddisfazione di aver scolpito il mio nome nel libro dei record». Tra i rammarichi invece annovera il 5° posto alle Olimpiadi di Sidney del 2000. «In quel periodo andavo fortissimo, fu proprio l’anno in cui fissai il record italiano. Mi condizionò il vento, il giorno della gara spirava maledettamente. Per la mia esile conformazione fisica, il vento l’ho sempre sofferto». Il dispiacere per questo abbandono c’è, ma la stanchezza per talune situazioni all’improvviso prende il sopravvento. «Il fatto che qui a Francavilla Fontana il sottoscritto e colleghi del calibro di Ottavio Andriani, convocato per due Olimpiadi, e Mimmo Caliandro, campione europeo nei 3000 metri, non abbiano un campo sul quale allenarsi e uno stanzino nel quale cambiarsi e lavarsi. Quando andiamo a correre, ci spogliamo e ci rivestiamo per strada. Non c’è bisogno di parole. Il nulla non si può commentare».



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