C’era una volta il calcio giovanile. Quello puro, quello dove si insegnava a calciare, ma soprattutto a campare. Vincere o perdere poco importava, l’importante era esserci.
Nei personali ricordi di anni fa, più o meno, era così. Si rincorreva la palla, comunque l’oggetto dei desideri e dei sogni, ma si badava anche ad altro. Lo spogliatoio come palestra di vita, un ambiente variopinto nel quale il confronto era all’ordine del giorno.
Da qualche tempo, evidentemente, non è più così. Il calcio giovanile ha subito una trasformazione repentina. In peggio. Non che oggi non ci siano più allenatori, dirigenti, presidenti e via discorrendo in grado di insegnare calcio. Probabilmente, anzi, quelli attuali sono più preparati ed evoluti rispetto ai colleghi del passato per una serie di motivazioni. È il concetto di calcio giovanile che si è rovinato. E questa piccola-grande vicenda raccontata accanto lo dimostra ancora una volta.
La «Calciopoli made in Puglia» è un invito a riflettere. Ammonizioni che spariscono e riappaiono, come se si fosse a caccia di fantasmi nei castelli scozzesi. Ma che roba è? Ma di cosa stiamo parlando? Bel modo di insegnare calcio, bel modo di indirizzare i giovani calciatori verso la correttezza e la lealtà sportiva. Sei stato ammonito? Non preoccuparti, ci penso io, giocherai lo stesso. Per non parlare, poi, della cattiva abitudine di esonerare i tecnici perché i risultati non arrivano. Roba che non si può sentire, già si fatica ad accettarlo nel mondo dei professionisti, figuriamoci poi nel calcio del settore giovanile e scolastico...
Una convinzione soggettiva. A fare da spartiacque con il passato, è stata l’introduzione delle promozioni e delle retrocessioni, una sorta di «aborto » calcistico che altro non ha fatto se non inquinare l’essenza del calcio giovanile. Il cambio del sistema, fine anni Novanta, ha in sostanza finito con l’esasperare le tranquille domeniche di una volta. La cultura del vincere per forza. Ad ogni costo. Non è così che si educano i giovani, né sotto l’aspetto sportivo, né sotto l’aspetto culturale. È così, invece, che si concede terreno fertile al lato oscuro del pallone.
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