Esiste un’attualità. Tremenda, scomoda. Ma esiste: piaccia o no, coordina il giudizio. Esiste una verità: che guarda il campo e giudica il campo. Una verità senza contesto, perché il campionato è un’altra storia: diversa da tutta la storia che gira intorno, diversa dalle difficoltà che abitano l’interno di uno spogliatoio indubbiamente provato. L’Ostuni è ultimo: sotto tutti, al di là di tutto. Ultimo lo era già, ma da domenica è ancora più giù. La verità che sbuca dalla domenica lucana è questa. Per esaminarla bisogna aprirla in due: dividendole emozioni di un finale focoso e incoraggiate da una prima parte di ordinaria regressione, che ha consegnato la partita al Francavilla in Sinni.
Involuzione, sì. Né lenta, né clamorosa. Si giudica l’Ostuni rapportandolo alle sue stesse versioni. La squadra in crescita, solida e coraggiosa, è apparsa sgonfiata in un inizio infelice. La squadra ordinata anche in svantaggio è andata dissolvendosi. L’Ostuni rapportato all’Ostuni: il passo indietro è questo, non è una pretesa superiore alle capacità. Ma è la constatazione di una forza adesso nascosta: di una rabbia capace di coprire le falle tecniche, la stanchezza, le lacune tattiche. Pescando nelle proprie energie l’Ostuni può resistere ed esistere. Senza, si scioglie. La muraglia tra i due Ostuni visti è questa: il gol subito ha restituito il vigore, l’agonismo. La rabbia frenata dai limiti noti. Almeno la rabbia: le residue forze per cercare un recupero difficile. Sul modulo e sulle scelte si può discutere, si possono montare analisi diverse. L’accordo è sulla necessità di essere l’Ostuni, semplicemente. Una squadra condannata a soffrire, a vivere di ristrettezze tecniche. Ma anche una squadra che solo con l’anima operaia può tenersi a galla, che ha l’urgenza di riappropriarsi del proprio spirito. Non per diventare un altro Ostuni, ma per essere capace di restare aggrappato alla classifica. Non esiste accanimento, ma è giusta una reazione. L’Ostuni conosce i propri limiti. Ma non può utilizzarli per accasciarsi. Deve rialzarsi, sentirsi di nuovo un gruppo coraggioso, irriverente, moralmente sfrontato. Reagire: è il minimo. Senza abbandonarsi al destino, senza lasciar vincere la rassegnazione. Serve a questo la rabbia: a non convincersi che fare di più sia proprio impossibile. Non ci sono parole sulla tattica, sulla tecnica: l’arretramento è soprattutto mentale. Lombardo non se la prenda: analizzi le fatiche e si rimetta alla guida. Deve trovare la forza della vittoriA. Può farlo. Deve farlo. Prima che vinca la rassegnazione.
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